Il Castello di Squillace domina il borgo dal punto più alto del colle. Fu edificato dai Normanni nel 1044 nel luogo dove era presente prima il monastero castellense di Cassiodoro e poi un kastron bizantino.
In epoca normanna costituisce il caposaldo amministrativo, politico e religioso più importante della costa ionica. È qui che Ruggero d’Altavilla dona a San Bruno di Colonia i territori dove costruirà la sua Certosa. Sotto Federico II il castrum Squillacii è tenuto da un “castellanus non habens terram e da dieci servientes”. La situazione sembra la medesima in epoca angioina.
Dal 1256 il castello viene infeudato sotto diverse famiglie: i Lancia, i Monfort, i Del Balzo, i Marzano, fino al 1485, momento in cui il castello torna sotto il controllo di Federico d’Aragona, futuro re di Napoli. Nel 1494, passa per matrimonio alla famiglia Borgia, di cui troneggia lo stemma in marmo sul portale d’entrata.
La famiglia dei Borgia reggerà il castello fino al 1729, quando per mancanza di eredi, torna a far parte del demanio reale. Declassata a Marchesato, nel 1755 passa sotto la famiglia De Gregorio, che detiene il castello fino al 1783, quando un violento terremoto distrusse l’intero borgo.
Fu costruito in pietra locale, il granito, adottando il modello del castello normanno, organizzato con delle mura che inglobavano un donjon, un grande torrione rettangolare che comprendeva un pianterreno chiuso, forse un magazzino per le provvigioni, un primo piano destinato al ricevimento degli ospiti e alle assemblee, una sala privata al secondo, ed infine una terrazza merlata.
A Federico II si deve la costruzione della torre poligonale, di un’aula rettangolare oltre ai bagni e alle cisterne. Agli angioini si deve la Torre circolare e ai Borgia un palazzo che non venne mai completato.
Nel 2008 gli scavi archeologici hanno permesso di rintracciare una necropoli risalente al VI secolo d.C., che consta di 22 tombe, con gli scheletri aventi il capo ad ovest, contenenti ricchi corredi.
Il complesso è detto anche Stridula perché il vento che lo attraversa produce un rumore acuto. Giovanni Verga ambientò qui il suo romanzo “I Carbonari della montagna”.
Fonte: Ass. Culturale Mistery Hunters